LA SOSTENIBILITÀ INIZIA DALL’IMBALLAGGIO
Nel limitare il consumo delle risorse che abbiamo a disposizione e, di conseguenza, intervenire su problemi importanti come i cambiamenti climatici in atto il cittadino consumatore ha spesso un ruolo di primo piano. Sono, infatti, appannaggio del consumatore due azioni chiave per favorire il consumo sostenibile: 1) la riduzione dei consumi stessi, evitando acquisti non necessari e, quando possibile, preferendo la riparazione alla sostituzione dei prodotti; 2) l’acquisto di prodotti o servizi progettati per limitare l’impatto sull’ambiente e sul consumo di risorse, ovvero il cosiddetto green buying.
E la definizione di green buying parte già dal packaging. La funzione dell’imballaggio va spesso al di là dell’aspetto puramente pratico di proteggere e trasportare il prodotto. Ha il compito di differenziarlo sullo scaffale dei negozi e, soprattutto, della grande distribuzione, dove forma, materiale ed elemento grafico complessivo devono essere fortemente attrattivi. Ma la corsa all’involucro più invitante non avviene senza conseguenze sull’ambiente. E il cittadino ne è sempre più consapevole, tanto che l’impatto ambientale del packaging è ormai un fattore che influenza il 43% dei consumatori nella scelta dei prodotti alimentari. Il 48% dichiara di aver smesso di acquistare prodotti che presentavano eccesso di imballaggi, il 22% di aver ridotto l’acquisto di prodotti con imballaggio in plastica, il 23% di aver aumentato l’acquisto di prodotti sfusi (dati dell’indagine Nomisma dell’Osservatorio Packaging del Largo Consumo – 2020).
Ma cosa intende il cittadino per imballaggio sostenibile? Per la gran parte dei consumatori la definizione si riferisce a una confezione fatta con materiali degradabili (56%) o riutilizzabili (39%). Sul piano dei materiali, per il food il materiale più rispettoso dell’ambiente è la carta (indicata dal 47% del campione). Per la categoria bevande, nell’immaginario del consumatore sono vetro e cartone/brick a rappresentare i materiali più sostenibili (citati rispettivamente dal 64% e 26%), con la plastica fanalino di coda (4%).
Quanto le aziende vanno incontro a questa esigenza di sostenibilità espressa dai consumatori? La stessa indagine Nomisma rileva che ancora il 30% dei prodotti del largo consumo confezionato disponibili sugli scaffali è imballato in plastica rigida e solo il 4% dei plastic pack comunica sulla confezione la “riciclabilità” degli involucri.
Nonostante il ritardo di molti produttori, la sostenibilità della produzione di beni e servizi e il loro consumo è senz’altro diventato un imperativo categorico per cambiare la rotta verso un’economia a basso consumo di risorse naturali e tanto le aziende quanto i consumatori dovranno tenerlo presente già nel brevissimo periodo, operando scelte lontane dal modello produttivo e consumeristico tradizionale.