Per la logistica (ed il pianeta) spazio ai “green-ballaggi”
In termini di ecosistema, sappiamo tutti che una delle problematiche più urgenti al suo mantenimento riguarda l’annosa questione della plastica. Ed è risaputo che uno dei settori maggiormente responsabili della produzione di questo materiale polimerico sia proprio quello del Packaging.
L’ultimo rapporto stilato dall’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente U.S.A. ha nuovamente messo in guardia la popolazione sulla presenza di micro particelle di plastica tanto nel suolo, quanto nell’aria, con conseguenze immaginabili sulla qualità delle catene alimentari. L’ultima discussione in campo UE, per limitare l’impiego di plastica, riguarda una plastic tax che in qualche modo contribuisca a ridurre ancor di più il ricorso a imballaggi non riciclabili; ad oggi siamo ancora in fase di proposte e bozze, ma è da tutti considerato come un passo inevitabile nella Plastic Strategy della Commissione Europea, che ad oggi ha fissato al 2030 la messa al bando totale di materiali non riutilizzabili per il settore packaging.
Gli eco imballaggi, dunque, saranno il futuro dell’industria: prodotti in parte o totalmente con materie prime riciclabili, saranno adibiti ad ulteriore riciclo, a riuso o a trasformazione al termine del proprio ciclo di vita. Cosa si intende per trasformazione? Vuol dire restituire nuova vita al rifiuto, trasformandolo in oggetto di design o comunque di utilità quotidiana, lasciando che non resti solo spazzatura. Il cerchio si completerà rendendo green lo stesso processo produttivo, attraverso lo sfruttamento di fonti energetiche rinnovabili e la diminuzione degli scarti di produzione a seguito dei processi di rimodernamento necessari.
Certo, è più facile a dirsi, che a farsi. Il “Packagreen”, più che un insieme di azioni da eseguire per diminuire il nostro impatto ambientale, deve diventare un concetto cardine, un paradigma. È un’intera filiera che va ripensata: gli imballaggi, in molti prodotti in cui è tuttora presente, sono assolutamente un surplus evitabile, contrario quindi ad ogni logica di sostenibilità. Chi si pone questo ambizioso obiettivo è un nuovo modello economico che pone al centro della propria esistenza l’ecologia e la sostenibilità. Il suo nome è Eco design.
Sostanzialmente, l’eco design cerca di ripensare la produzione coniugandola con il risparmio di materia prima, diminuendo nel contempo il proprio elevato peso specifico rispetto al consumo delle fonti energetiche ed il forte impatto sull’inquinamento.
Ed al centro del suo interesse al momento, c’è proprio l’industria del packaging.
Non è difficile immaginare perché: oltre la metà degli italiani, nei più disparati sondaggi, sostiene ormai con fermezza di orientare le proprie scelte di consumo sulla base anche dell’etica ambientale adottata dai produttori. Agli effetti a lungo termine (come ad esempio la rinuncia progressiva alle fonti non rinnovabili di energia), si stanno quindi prepotentemente aggiungendo anche degli interessanti ritorni economici e d’immagine. Nello specifico, poi, il packaging ecologico ha tutta un’altra serie di pregi interessanti: l’utilizzo di materiali riciclati consente il risparmio sui costi di lavorazione, diminuendo il prezzo finale del bene al momento della distribuzione. E non è secondario il dato secondo cui il 30% dei rifiuti urbani e quasi il 10% dei rifiuti totali prodotti nella nostra penisola in un anno, sarebbe da imputare al packaging non riciclato (Fonte: CONAI – Consorzio Nazionale Imballaggi). Un rifiuto su dieci, delle montagne di tonnellate che nell’arco della propria vita ogni individuo produce, risulta essere un imballaggio alimentare. Diventa quindi chiaro come diventi fondamentale, per l’eco design, la riprogettazione globale di cui sopra.
Bando quindi alla plastica monouso, mentre le aziende di tutto il mondo cercano di studiare nuove forme di imballaggio e conservazione dei prodotti. In questo senso, lodevoli sono le iniziative che le più grandi case di moda e cosmesi stanno sponsorizzando in questi giorni: si va dai profumi di marca con flaconi ricaricabili, dagli ingredienti provenienti da fonti sostenibili e naturali, alle iniziative se vogliamo più stravaganti ma senza dubbio intriganti, di prodotti con confezioni fatte in cartone riciclato, colla vegetale, carta interna ricavata da gusci di mandorle e infine cartoncini, all’interno dell’involucro, da piantare in vasi di terra in maniera tale che spunti un fiore. Ma di certo il settore alimentare non è da meno: scarti alimentari, amidi, proteine del latte, legno di foreste sostenibili, alghe, sono solo alcuni degli ultimi materiali utilizzati nel food packaging per produrre pellicole, cannucce, contenitori ed altri oggetti di uso quotidiano in maniera totalmente ecofriendly. Seguono a ruota questo circolo virtuoso anche i grandi colossi di abbigliamento fast fashion, che tra buste che possono diventare porta abiti e addirittura, in un caso, scatole che possono essere trasformate in case delle bambole, hanno inaugurato una innovativa “corsa al green”, da giocarsi tanto sugli scaffali dei negozi quanto nei vulcanici reparti marketing.