ALLUMINIO IN CUCINA: QUALI SONO I RISCHI DI CONTAMINAZIONE DEGLI ALIMENTI?
Leggerissimo, con una conducibilità termica ideale che lo rende perfetto per scaldare i cibi velocemente e in modo omogeneo. Per questo l’alluminio la fa da padrone in cucina: teglie, tegami e contenitori usa e getta per conservare gli avanzi, congelare i cibi e servirli nelle mense sono spesso in alluminio. Che però potrebbe passare agli alimenti e “intossicarli”, se non si seguono alcune precauzioni: lo ha segnalato il Federal Institute for RiskAssessment tedesco, dopo aver fatto diversi test per capire se il metallo venga o meno rilasciato in cibi appena cotti lasciati intiepidire in recipienti di alluminio.
I ricercatori hanno valutato che cosa succede a un piatto di crauti, una salsa di mele e una passata di pomodoro trattati secondo il metodo “cook and chill”, ovvero cucina e raffredda, utilizzato in molte mense: in sostanza si tratta di cuocere il piatto per poi raffreddarlo velocemente e quindi riscaldarlo prima del consumo, con le ultime due fasi che avvengono in recipienti di alluminio.
I risultati mostrano che, se le vaschette non sono ricoperte di una pellicola di materiale plastico a protezione del contenuto, gli ioni metallici possono migrare, almeno in alimenti acidi come quelli testati: «In tutti i campioni si è superato il limite del rilascio di 5 milligrammi di alluminio per chilo di cibo stabilito dal Consiglio d’Europa (che da settembre 2018 scenderà a 1 milligrammo per chilo) – sottolinea Andreas Hensel, presidente dell’Istituto tedesco -. Abbiamo esaminato pochi campioni e proseguiremo i test su alimenti salati, ma riteniamo che il rilascio sia un problema con tutti i contenitori in alluminio non ricoperti da materiali protettivi. Con un consumo giornaliero di circa 200 grammi di cibi acidi conservati in questi recipienti un adulto avrebbe un introito settimanale di alluminio di circa 0,5 milligrammi per chilo di peso: ciò aumenterebbe la probabilità di superare il limite di sicurezza, stabilito dall’EuropeanFoodSafety Authority (EFSA) in 1 milligrammo per chilo alla settimana. Ciò non implica automaticamente il fatto di rischiare problemi di salute con i contenitori di alluminio, ma è opportuno minimizzarne qualsiasi fonte “di troppo”, considerando che molti alimenti lo contengono e che ha effetti negativi su vari organi, dal cervello all’apparato riproduttivo, dai polmoni alle ossa. Precauzione essenziale soprattutto con chi è più fragile, come bimbi e anziani».
Occorre perciò assicurarsi che le vaschette siano per alimenti, ricoperte del sottile strato di plastiche “isolanti”, ma è bene anche utilizzare in modo accorto tutti gli utensili e i prodotti per la cucina in alluminio: l’Istituto Superiore di Sanità ha condotto uno studio sul tema, da cui è scaturita una normativa del 2007 tuttora in vigore, in cui si sottolinea che la “migrazione” del metallo dipende molto da temperatura, tempo di contatto e natura del cibo. Solo se l’alluminio tocca l’alimento per meno di 24 ore la temperatura di conservazione non conta, ma oltre quel limite il contenuto va refrigerato o congelato (anche se, negli esperimenti dell’ISS, il passaggio era minimo anche dopo dieci giorni in frigo ); se il prodotto rimane a lungo a temperatura ambiente, l’alluminio può essere scelto solo per cibi che non lo “assorbono” come caffè, spezie, cereali, legumi secchi.
Il rischio di trasferimento aumenta con alimenti molto acidi o salati come quelli che contengono aceto, succo di limone o i prodotti sotto sale tipo acciughe o capperi, che quindi non vanno messi in contenitori o carta d’alluminio; anche le alte temperature favoriscono il passaggio, quindi se si usano pentole in alluminio è meglio togliere il contenuto dopo la cottura, mentre le vaschette vanno congelate o messe in frigo entro 24 ore.
“Realizzato nell’ambito del Programma generale d’intervento della Regione Emilia Romagna con l’utilizzo dei fondi del Ministero dello Sviluppo Economico. Ripartizione 2015”