Come orientarsi col fenomeno “Car Sharing”
Ne sentiamo parlare sempre più spesso: car sharing, letteralmente “condivisione dell’automezzo”.
Ma cosa vuol dire, in concreto? Quali sono vantaggi e svantaggi di questa new entry della mobilità? E, in fin dei conti (che è quello cui il consumatore di solito mira nelle sue scelte ponderate, in fase di acquisizione di un servizio) … è realmente conveniente?
Partiamo, come sempre, dall’inizio. Il car sharing è un servizio che consente agli utenti di poter “prenotare” un’automobile (esattamente come se fosse in un autonoleggio) per un lasso di tempo o un tragitto anche molto brevi: questa pratica, di fatto, sposta il mezzo di trasporto nell’ambito di quelli di consumo (un “servizio” come tanti altri, dalla pulizia di un edificio alla vendita di prodotti in un supermercato), sostituendo il concetto di “possesso” di una vettura in quanto bene di consumo, a quello di mero “usufrutto” del bene stesso. Nato in Svizzera a cavallo del decennio ‘80/’90, oggi è uno dei primi baluardi dei sostenitori della mobilità sostenibile, in quanto forte riduttore dell’impatto ambientale e del consueto traffico nato dallo spostamento in massa di lavoratori, nei cosiddetti “orari di punta”, nel tragitto casa-lavoro.
Nel concreto, funziona pressappoco così: ci si registra ad un servizio tramite corresponsione di un pagamento mensile o annuale, si seleziona un veicolo nella modalità prestabilita (un’app per i casi più comodi, ma anche tramite pagina internet o call-center), e sulla base della propria posizione la geolocalizzazione individua ed indica l’auto più vicina all’utente.
L’osservatorio sulla Sharing Mobility, nel 2018, contava 363 servizi di mobilità condivisa ed un numero di iscritti al servizio superiore ai 5 milioni (ed in crescita di un milione ulteriore di unità nelle previsioni sugli anni successivi), suddivisi in oltre 270 comuni del territorio italiano. Parliamo quindi di un fenomeno in espansione, che il consumatore deve necessariamente conoscere, in modo da valutarne l’efficacia e la possibile applicazione rispetto le proprie abitudini al volante.
Il suo maggiore vantaggio, ovviamente, è il lato prettamente green con cui l’idea è nata, e attraverso cui oggi si sta diffondendo ai massimi livelli (a giugno 2019 erano 7961 le auto e 2240 gli scooter in movimento tramite sharing): tutela ambientale, aumento di spazio nelle città e risparmio del consumatore sono i tre pilastri della condivisione dei mezzi di trasporto, e tutti e tre sono indubbiamente assicurati tramite il car sharing. Questo perché si verificherebbe minore affluenza di veicoli sulle strade, un minor impatto di Co2 nell’atmosfera, e soprattutto il taglio di costi annosi che gravano, e non poco, sulle tasche di tutti noi (bolli, assicurazioni, acquisti, ammortamenti, e ancora costi per i parcheggi, manutenzioni ordinarie e non… e potremmo continuare). Il pagamento correlato non più al possesso dell’auto ma al semplice uso, uniti ad un sapiente utilizzo dei mezzi pubblici dove possibile, permetterebbe un risparmio annuo dei chilometri percorsi in auto di circa il 60%, con tutti i benefici economici (e non solo) per la collettività annessi e connessi. Va infine detto che, nella maggior parte dei casi, il car sharing consente di usufruire di un mezzo perfettamente controllato, pulito ove non proprio igienizzato (non un optional, in questi tempi), insomma: efficiente.
Come sempre però la medaglia ha due facce, e se i pregi della condivisione del veicolo sono per lo più corretti ed insindacabili, il sistema non è comunque esente da alcuni difetti che ne rallentano indubbiamente lo sviluppo. Il sistema innanzitutto, nonostante i numeri in crescita, è ancora troppo poco capillare per definirsi funzionale ed accessibile e non sempre i parcheggi predefiniti ove ritirare o ricollocare il veicolo sono posti in zone raggiungibili per tutta la popolazione; come spesso accade, quindi, le aree centrali delle grandi città sono sicuramente molto più avvantaggiate delle periferie. Altro motivo per cui il car sharing non risulta una scelta ottimale è la necessità di organizzazione preventiva nel prenotare con anticipo il veicolo. E quando questo non è possibile?
Insomma, la difficoltà di gestire contrattempi, cambi di programma o emergenze, è di fatto il grande ostacolo del servizio. Senza contare che anche il non poter utilizzare mai la stessa vettura, salvo rari casi, può comportare un ulteriore calo del desiderio di affidarsi ad una compagnia di noleggio.
La realtà dei fatti è che il car sharing è un mezzo, un tramite utile ma comunque non esente da difetti. Come tutto il resto, d’altronde. E come tutto va capito, e conseguentemente sfruttato, con criterio e giudizio: sbagliato è, ad esempio, considerare il car sharing come risolutivo e quindi sostitutivo del servizio di trasporto pubblico. Giustissimo sarebbe invece riconsiderare le due attività come complementari e riorganizzare l’una sulla base della presenza dell’altra, rendendo entrambe realmente “smart”. Così come è giusto che il servizio non venga implementato per semplice moda o per conferire visibilità a questa o quella amministrazione, ma dove e nel caso si sposi effettivamente con le necessità dei cittadini, in conformità a seri progetti e studi di urbanistica e mobilità