Etichette a semaforo: il no dell’Italia
Se ne parla eccome e si riapre lo scontro tra Italia e Ue sul semaforo nutrizionale. L’annuncio da parte di sei ‘big’ dell’industria alimentare (Coca-Cola Company, Mars, Mondelez International, Nestlé, PepsiCo e Unilever) di voler proporre alla Commissione europea un’etichetta per i prodotti alimentari con i colori rosso, giallo e verde secondo i contenuti di sali, grassi e zuccheri riferiti alla porzione, ha riaperto una polemica mai sopita tra Roma e Bruxelles.
«Ribadiremo con forza il nostro no a questo sistema», ha detto il ministro delle politiche agricole Maurizio Martina annunciando una lettera alla Commissione Ue chiedendole di «impedire la diffusione di un elemento così distorsivo del mercato».
Secondo Coldiretti mette a rischio i 28 miliardi di export agroalimentare ‘made in Italy’ in Europa. L’Italia non è sola nella sua battaglia ma in compagnia di altri 15 stati membri perché «provoca danni economici e d’immagine ai nostri prodotti, non porta alcun beneficio per i consumatori e non promuove uno stile alimentare equilibrato o una dieta sana, classificando i cibi con parametri discutibili e approssimativi».
Anche l’Europarlamento, ha sottolineato l’eurodeputato Paolo De Castro (Pd), si è già pronunciato più volte contro il semaforo e chiederà spiegazioni al commissario Vytenis Andriukaitis già lunedì prossimo, durante una riunione straordinaria della commissione agricoltura a Strasburgo.
Prosciutto di Parma, Parmigiano Reggiano e Grana Padano, ma anche olio extravergine di oliva e altre Dop e Igp italiane sarebbero tra le vittime illustri dell’etichetta a semaforo, ha denunciato Coldiretti. Questa, infatti, ha avvertito il presidente di Federalimentare Luigi Scordamaglia, va «a ledere gravemente il modello produttivo italiano basato su standard qualitativi elevati e trasparenza».
Nel 2014 la Commissione Ue aveva aperto una procedura di infrazione contro il sistema adottato nel 2013 dalla Gran Bretagna, ma potrebbe archiviarla presto e senza conseguenze. Il semaforo britannico, misura volontaria ma in realtà adottato dal 98% delle catene di distribuzione, dà i colori per porzione da 100 grammi e non fa differenza tra prodotti processati o agricoli trasformati. Un approccio, questo, che crea paradossi come il bollino rosso all’olio extravergine d’oliva e il verde alla bevanda gassata. Le sei multinazionali della Big Food propongono un sistema leggermente diverso, basato sulle dosi di riferimento elabora-te dall’industria alimentare. Idea che non convince i consumatori europei, che pure appoggiano il principio del semaforo. Secondo il Beuc, quanto proposto renderebbe «non solo più difficile per i consumatori confrontare le etichette e capire quale prodotto è l’opzione più sana ma potrebbe addirittura trarre in inganno» portando a promuovere dolci e cereali per la colazione.
Restano contrari al principio dell’etichetta nutrizionale a colori la maggioranza dei membri di FoodDrinkEurope, organizzazione di categoria dell’industria alimentare Ue che ha ribadito la sua opposizione ad approcci informativi che si concentrano sulle caratteristiche di singoli prodotti invece che sulla promozione di diete sane.