Fatturazione a 28 giorni, come fare a difendersi?
Com’è nato il problema delle bollette fatturate a 28 giorni? Due anni fa le compagnie hanno cominciato a mandare Sms ai clienti della telefonia mobile, informandoli del cambiamento. L’unica difesa era il recesso dal contratto, arma però spuntata perché ben presto tutte le compagnie hanno fatto lo stesso, e le alternative non c’erano. L’Agcom non ha potuto reagire finché questo è avvenuto solo nella telefonia cellulare, ma lo ha fatto quando il malcostume si è esteso ai contratti di linea fissa.
Perché fisso e mobile sono diversi dal punto di vista dei 28 giorni? La telefonia fissa è definita dalla legge come un «servizio universale», cioè essenziale e da garantire a tutti, anche da parte delle aziende private, attraverso particolari tutele; mentre nella telefonia mobile c’è il libero mercato assoluto, e se le compagnie vogliono fatturare a 28 giorni, lo possono fare. Sono invece soggette al controllo dell’Authority le linee fisse, quelle Adsl, in fibra e i contratti ibridi fisso-mobile.
Che danno c’è per i clienti? Se i mesi diventano di 28 giorni, a forza di lucrare 3 giorni a gennaio, 3 giorni a marzo eccetera, a fine anno le compagnie mettono assieme quasi un mese in più da farci pagare. Così il costo annuale per i clienti aumenta dell’8,6%.
Come ha reagito l’Agenzia delle Comunicazioni? Al fine di garantire massima trasparenza e confrontabilità dei prezzi vigenti, nonché il controllo dei consumi e della spesa garantendo un’unità standard (mese) del periodo di riferimento delle rate sottostanti a contratti in abbonamento per adesione», dice una nota dell’Agcom, con una delibera del marzo scorso l’Autorità aveva stabilito «che per la telefonia fissa e per le offerte convergenti l’unità temporale per la cadenza delle fatturazioni e del rinnovo delle offerte dovesse avere come base il mese o suoi multipli». Al termine delle verifiche effettuate da Agcom, però, «è risultato che gli operatori menzionati non hanno ottemperato alla delibera dell’Autorità». Di qui la sanzione, e possibili «ulteriori iniziative» di Agcom, «anche per evitare che le condotte dei principali operatori di telecomunicazioni possano causare un effetto di “trascinamento” verso altri settori, caratterizzati dalle stesse modalità di fruizione dei servizi». Ovvero, reti televisive (come ad esempio Sky, che passerà da ottobre alla bolletta a 28 giorni), ma anche gas, elettricità e quant’altro. Infine, Agcom ha annunciato interventi a tutela dei consumatori per evitare la sottoscrizione di offerte a pagamento premium senza il consenso espresso del cliente.
Come hanno risposto le compagnie? Hanno fatto ricorso al Tar contro la delibera e intanto ne hanno ignorato l’applicazione. Il ricorso però non sospende la validità della delibera, perciò le compagnie che la violano sono inadempienti. Purtroppo la multa massima che l’Agcom può infliggere (2,5 milioni di euro) è irrisoria, così alle compagnie conviene fare orecchio da mercante, incassare senza sforzo quell’8,6% in più e prepararsi a pagare la multa.
Come si difende chi non vuol pagare un mese all’anno in più? Ci sono due strade principali. La prima è recedere dal contratto e farne uno con chi non impone i 28 giorni nel fisso. La seconda è ricorrere ai Co.re.com istituiti in ogni Regione dall’Agenzia delle Comunicazioni attraverso le Associazioni dei consumatori.
Cosa sono i Co.re.com? I Comitati Regionali per le Comunicazioni sono strutture di conciliazione rapida contro i soprusi delle compagnie a danno degli utenti. L’anno scorso su 90 mila ricorsi in tutta Italia (per varie cause) l’80% è stato vinto dai clienti. Nel caso delle bollette a 28 giorni ci si può aspettare un 100% di vittorie, perché i Co.re.com sono organi di quella stessa Agenzia delle Comunicazioni che accusa le compagnie telefoniche di violare la sua delibera sui 28 giorni.
“Realizzato nell’ambito del Programma generale d’intervento della Regione Emilia Romagna con l’utilizzo dei fondi del Ministero dello Sviluppo Economico. Ripartizione 2015”