Gli NPL – Crediti Deteriorati – e la loro incidenza sulla crisi delle banche italiane
Uno dei termini più citati in questi mesi di difficoltà bancarie è Npl, acronimo che esprime la locuzione inglese “non performing loans”. Il termine, traducibile in italiano con “crediti deteriorati”, evidenzia crediti la cui riscossione, da parte delle banche, è diventata incerta. Non solo per quanto riguarda il rimborso totale, ma anche per la parte relativa agli interessi. I crediti non performanti sono generalmente il risultato di una situazione economica avversa, ma spesso anche di una inefficiente fase di valutazione del creditore. Una fattispecie che nel sistema italiano ha spesso rappresentato – in alcuni casi particolari – la regola.
Per il comparto bancario italiano il totale dei “non performing loans” ha infatti raggiunto livelli imponenti. Secondo le più recenti stime del Fondo Monetario Internazionale gli istituti di casa nostra hanno in pancia 350 miliardi di crediti deteriorati, un terzo circa del totale del sistema europeo.
NPL: LE CATEGORIE DI CREDITI DETERIORATI
Il termine non performing loans, Npl (o crediti deteriorati) individua però una classe decisamente ampia di attività. All’interno di essa si trovano crediti con un diverso grado di deterioramento. In applicazione del regolamento UE 227/2015 la Banca d’Italia ha previsto una nuova classificazione degli attivi deteriorati. Con questa nuova classificazione le precedenti nozioni di crediti incagliati e di crediti ristrutturati sono state abrogate.
Scendendo più nel dettaglio si trovano:
esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate;
inadempienze probabili;
sofferenze.
A. Le esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate sono esposizioni, diverse da quelle classificate tra le sofferenze o le inadempienze probabili, che sono scadute e/o sconfinanti da oltre 90 giorni e superano una prefissata soglia di materialità.
B. Le inadempienze probabili, in inglese “unlikely to pay”, sono crediti per i quali la banca giudichi improbabile che, senza il ricorso ad azioni quali l’escussione delle garanzie, il debitore adempia integralmente alle sue obbligazioni creditizie. Quando si parla di non adempienze ci si riferisce sia al capitale che agli interessi (o a entrambi).
C. Nella categoria dei crediti in sofferenza, quella più grave per l’istituto bancario, finiscono tutte le attività che la banca vanta verso soggetti debitori che si trovano in stato d’insolvenza o in situazioni sostanzialmente equiparabili, indipendentemente dalle eventuali previsioni di perdita formulate dalla banca. Non è necessario che questo status di non solvibilità sia accertato giudizialmente.
Secondo i dati ufficiali della Banca d’Italia, che aggiorna puntualmente il dato sulle sofferenze tramite il suo bollettino mensile, in Italia lo stock di crediti appartenenti a questa categoria è pari a circa 200 miliardi di euro (dato di agosto 2016). Questa cifra – pari a circa il 15% dello stock dei crediti – è riferita alle sofferenze lorde.
I bilanci delle banche evidenziano però anche un altro dato relativo alle sofferenze, ossia quello relativo alle sofferenze nette. Queste ultime sono computate al netto dell’ammontare complessivo stimato delle perdite di valore. Gli ultimi dati sul sistema bancario quantificano le sofferenze nette in una novantina di miliardi di euro.
LA CENTRALE DEI RISCHI
Per monitorare il livello di rischiosità del sistema, Bankitalia ha istituito nel 1962 la Centrale dei Rischi. Si tratta di un sistema informativo, operativo dal 1964, verso il quale gli intermediari sono obbligati a comunicare i crediti pari o superiori ai 30mila euro e i crediti in sofferenza (definiti come crediti verso soggetti in stato di insolvenza, anche non accertato giudizialmente) di qualunque importo. Ciò permette di tenere sotto controllo la solvibilità dei clienti e quindi migliorare il processo di valutazione del merito di credito dei singoli utenti. Sugli intermediari ciò ha l’effetto di alzare la qualità del credito, mentre sul sistema di dare una maggiore stabilità.
“Realizzato nell’ambito del Programma generale d’intervento della Regione Emilia Romagna con l’utilizzo dei fondi del Ministero dello Sviluppo Economico. Ripartizione 2015”