I COLORANTI ALIMENTARI E LE IMPLICAZIONI DEL LORO USO SULLA SALUTE
Definiti dalla normativa come “sostanze che conferiscono un colore a un alimento o ne restituiscono la colorazione originaria”, il loro utilizzo non è comprovato da una vera necessità tecnologica, il colore non è sinonimo di qualità e di gusto. Piuttosto sembra legato a esigenze di mercato e stereotipi basati su preconcetti sbagliati: siamo sicuri che un gelato al pistacchio debba essere di un bel verde brillante? Di certo rappresenta una forte attrattiva per alcuni consumatori…
I coloranti usati dall’industria alimentare sono molteplici e diversi per caratteristiche e provenienza, utilizzati in una varietà di prodotti alimentari (bevande commerciali alcoliche e analcoliche, cocktail, snack, cereali, dessert, formaggio fuso, gelati, preparazioni di frutta e ortaggi, prodotti di confetteria, gomme da masticare, decorazioni, ricoperture, ripieni, ecc.) e si distinguono in naturali inorganici, naturali organici e di sintesi.
I coloranti naturali estratti da vegetali, animali o minerali, hanno la caratteristica di essere meno stabili rispetto agli analoghi di sintesi che sono quindi preferibili per economicità, stabilità e maggiore varietà di tonalità.
Pur non volendo gettare il panico tra i consumatori appare chiaro che in alcuni casi come quello del Biossido di Titanio (E171), usato come sbiancante in prodotti di pasticceria e recentemente riportato alla ribalta, le perplessità riguardano l’uso di una sostanza inorganica che è stata definita dallo IARC come potenzialmente cancerogeno per l’uomo (Gruppo 2B), mentre, nel recente riesame (settembre 2016), l’EFSA ha concluso che i dati disponibili al momento non indicano preoccupazioni per la salute dei consumatori benché si consiglino ulteriori test e valutazioni di tossicità. E che dire degli aspetti tossicologici legati ai coloranti azoici? Sono coloranti sintetici caratterizzati da un doppio legame azoto-azoto, detto appunto “azo”, in grado di impartire colorazioni brillanti che vanno dal giallo, al rosso fino al violetto: ne sono un esempio la tartrazina e il giallo tramonto. L’uso dei coloranti azoici è stato spesso messo in discussione a causa della loro “presunta” innocuità e alcuni sono stati vietati perché tossici, come ad esempio l’Arancio GGN o il Giallo burro.
Conclusione: come per i conservanti non si tratta di sostanze del tutto innocue, soprattutto perché la maggior parte di esse proviene dalla chimica di sintesi e non dalla natura. Se è impossibile evitare di assumerle, dato che sono praticamente ovunque nei cibi confezionati, è almeno possibile sapere cosa sono, a dispetto del fatto che sulle confezioni vengono indicati solo con una sigla alfanumerica che va dalla E100 alla E180.