Il potenziale della bio-economia per il futuro
La commissione europea ha stilato, con scadenza nel 2050, un quadro di previsione strategica per la bio-economia. Scritta così sembra fantascienza, ma in realtà la bio-economia è un concetto più vicino di quanto si pensi: si tratta di una tipologia di economia che usa le risorse biologiche, così come i rifiuti, come input per la produzione alimentare, mangimistica, industriale ed energetica. Comprende tutti i settori economici e industriali che fanno affidamento su risorse biologiche rinnovabili provenienti dalla terra e dal mare (colture, foreste, pesci, animali e micro organismi per produrre cibo, materiali, energia e servizi).
Se il fattore ambientale è sicuramente il volano di tutta la previsione strategica, di non meno importanza è il fattore economico, considerando che genera il 4,7% del Pil dell’Unione Europea e impiega l’8,9% della forza lavoro nell’Ue-27 (secondo l’ultima analisi, datata però 2017).
Nel documento vengono poi elencati i vari scenari della previsione strategica:
“Do it for us”: è il primo scenario dove è presente una coerenza delle politiche per promuovere un cambio radicale dell’offerta, ma nel quale la società resiste ai cambiamenti significativi.
“Do it together”: è il secondo scenario preventivato in cui sia il sistema politico che la società sono allineati per raggiungere l’obiettivo della neutralità climatica e i target di sviluppo sostenibile (il che sarebbe l’ideale anche considerati i traguardi da raggiungere per il piano iniziale del 2030), con le aziende che si adattano rapidamente e fanno parte del cambiamento, e il processo di trasformazione include tutti gli attori coinvolti.
“Do it ourselves”: è il terzo scenario (e il più probabile sulla carta) dove i vari sistemi politici mostrano tutta la loro incapacità cronica di cogliere l’opportunità data dagli eventi e si dimostrano incapaci di attuare politiche significative sul clima e sugli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Nonostante questo i consumatori cambiano atteggiamenti e comportamenti spinti dai movimenti sociali orami sempre più influenti dopo una serie di crisi drammatiche, ed è così che, cambiando i bisogni e le domande, si costringe l’offerta ad adattarsi.
“Do what is unavoidable”: il quarto scenario è sicuramente il più tragico, gli stili di vita non cambiano significativamente rispetto alle abitudini consolidate mentre il sistema politico non è in grado e non supporta le giuste politiche limitandosi all’adozione, anche con ritardo, di misure di reazione alla crisi.
Ovviamente l’idea dietro il piano strategico è cercare, di concerto con tutti i paesi membri, di trovare le soluzioni più valide alle crisi ambientali che il continente sta vivendo, sperando che ci sia abbastanza sensibilità da parte dei governi per mettere finalmente in moto qualcosa di concreto, perché, come abbiamo visto, i cittadini europei sono molto più veloci di loro nel recepire i cambiamenti e molto più accorti nel modificare di conseguenza le proprie abitudini.