Newsletter_11 del 24.06.2017
24 Giugno 2017
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Qualità della carne bovina: grass-fed e allevamento cotrollato a confronto
Ultimamente si sta sempre più diffondendo la concezione che la qualità della carne dei bovini alimentati ad erba, o grass fed, sia migliore della carne da allevamento controllato, in quanto un animale che è vissuto libero pascolando e mangiando erba avrà una composizione della carne più ricca in acidi grassi insaturi e sostanze benefiche per l’organismo umano. Ma è sempre vero che grass fed è meglio?
Molti studi confermano che nelle carni degli animali allevati al pascolo sono state riscontrate maggiori concentrazioni di diversi nutrienti benefici, quali l’Acido Linoleico Coniugato (CLA), dalle proprietà antitumorali e chemioprotettive, di antiossidanti come la vitamina E, la vitamina A e il beta-carotene, di metaboliti dell’acido linolenico e di acidi grassi polinsaturi a lunga catena PUFA n-3, che conferiscono alla carne proprietà nutraceutiche.
Ma se è vero che il pascolo gioca un ruolo chiave nel migliorare le proprietà nutrizionali dei prodotti dei ruminanti, questi vantaggi si possono ottenere anche nell’allevamento controllato, attraverso il rapporto ottimale foraggi/concentrati della dieta e la formulazione di razioni alimentari correttamente bilanciate.
L’allevamento al pascolo può invece presentare diversi svantaggi, tra cui le lotte gerarchiche fra animali, il rischio di esposizione a fitofarmaci e diserbanti sui bordi della strada, l’inevitabile variabilità delle caratteristiche nutrizionali dei pascoli in relazione agli eventi meteo climatici, il rischio di malattie infettive o infestive anche per possibile contatto con gli animali selvatici, rischio di subire attacchi dai predatori o di ferirsi, aumento della paura e dell’aggressività verso l’uomo, maggiori difficoltà nel controllo e nella cura in caso di patologie o problemi. Ma soprattutto al pascolo il consumo degli alimenti non è omogeneo e non si adegua ai reali fabbisogni nutritivi degli animali, che cambiano nel tempo in relazione ad età, stato fisiologico e fase produttiva dei bovini. Alcune specie botaniche contenute nei pascoli, se consumate in eccessiva quantità, possono inoltre causare fenomeni di fitotossicosi e disordini alimentari.
Per soddisfare le esigenze nutritive dell’animale, inoltre, la sua alimentazione deve comunque essere integrata attraverso la somministrazione di fieni aziendali. Inoltre, risulta necessaria una gestione sostenibile dei pascoli per evitare danni ambientali.
Insomma anche nell’allevamento controllato, si può ottenere carne con adeguate proprietà nutrizionali, senza ricorrere necessariamente all’allevamento al pascolo, soddisfacendo in pieno le richieste dei consumatori in termini di garanzia di salubrità del prodotto, di sostenibilità e di benessere degli animali.
Botulismo: l’Italia uno dei paesi europei più colpiti
L’Italia ha uno dei tassi di incidenza più elevati in Europa di botulismo. È il risultato, allarmante, raccolto dalla rete di sorveglianza europea (Eurosurveillance) che conta per il nostro paese 0,03 casi per 100.000 abitanti.
Dal 1986 al 2015, spiegano i ricercatori, sono stati registrati 466 casi confermati di botulismo (di 1.257 sospetti). Di questi, 421 erano alimentari e gran parte originati da aree rurali delle regioni centrali e meridionali della Campania (50/285), Puglia (40/285), Lazio (31/285), Sicilia (22/285) e Calabria (21/285).
“In queste aree, molte persone mantengono ancora la tradizione di preparare cibi in casa, a causa del basso costo e della disponibilità di materie prime alimentari”, hanno detto i ricercatori.
Aggiungono dalla rete di sorveglianza: “Nei 10 anni fino al 2015, un numero crescente di casi è stato segnalato in Emilia Romagna, Lombardia e Piemonte (Italia settentrionale). Più del 90% di questi casi comprendeva studenti universitari (soprattutto maschi) di origine meridionale italiana, che avevano consumato cibo preparato in casa dalle loro madri”.
Il botulismo è una malattia paralizzante causata da una tossina prodotta dal batterio Clostridium botulinum. Questo microrganismo vive in assenza di ossigeno e produce spore che possono resistere all’ambiente esterno anche per un lungo periodo finché non incontrano condizioni adatte alla crescita del batterio stesso. Oggi il clostridium botulinum si trova ben più frequentemente in preparati di origine vegetale che non in prodotti derivati da animali.
Ogni caso identificato di botulismo alimentare costituisce un’emergenza di salute pubblica e un problema di sicurezza alimentare: esiste, infatti, il rischio concreto che il cibo contaminato, sia di preparazione domestica che industriale, possa venire consumato da molte persone. È necessario, quindi, ritirarlo immediatamente dal mercato o dalle dispense.
Il botulismo alimentare può colpire individui di tutte le età e non è trasmissibile da persona a persona. I sintomi solitamente si manifestano molto rapidamente, da poche ore a pochi giorni dall’ingestione della tossina (6 ore – 15 giorni). Tuttavia, mediamente, il periodo di comparsa dei sintomi è compreso tra le 12 e le 36 ore.
Le persone che hanno ingerito la tossina sperimentano tutti i sintomi tipici di una paralisi neurale: annebbiamento e sdoppiamento della vista, rallentamento e difficoltà di espressione, fatica nell’ingerire, secchezza della bocca, debolezza muscolare.
Il trattamento della tossina botulinica è possibile solo con la somministrazione di un’antitossina nelle prime ore dalla comparsa dei sintomi e il recupero è molto lento. La maggior parte dei pazienti va incontro a guarigione dopo settimane o mesi di terapia di supporto. L’antitossina botulinica è disponibile presso il ministero della Salute. A seconda della dose di tossina ingerita, le manifestazioni cliniche variano da una sintomatologia sfumata a casi molto severi che possono concludersi anche con un esito fatale (circa il 5%).
“Realizzato nell’ambito del Programma generale d’intervento della Regione Emilia Romagna con l’utilizzo dei fondi del Ministero dello Sviluppo Economico. Ripartizione 2015”