Newsletter_25 del 16.10.2017

16 Ottobre 2017
in | Azione 5 | Progetto 2017
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Etichettatura dei prodotti tessili secondo il codice del consumo
Il Decreto Legislativo 6 settembre 2005, n.206 (Codice del Consumo) attuativo della Direttiva 2001/95/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, disciplina, tra le altre cose, quali siano i contenuti obbligatori delle indicazioni in etichetta per i prodotti normalmente disponibili in commercio.
Parlando di Codice del Consumo, per quel che concerne l’etichettatura, si deve distinguere tra prodotti oggetto di specifiche disposizioni contenute in direttive o altre disposizioni comunitarie (e nelle relative norme nazionali di recepimento) e quelli che non lo sono. Ai primi (tra cui i prodotti tessili) sono applicabili solo gli artt. 102-113 che definiscono gli obblighi relativi alla sicurezza, che spettano agli operatori economici coinvolti nella immissione sul mercato e la messa a disposizione del prodotto al consumatore e le relative sanzioni; mentre i secondi (da cui i prodotti tessili sono esclusi) sono disciplinati anche dagli artt. 6-12, in cui sono definiti i contenuti informativi minimi che i prodotti non coperti da direttive specifiche devono rendere disponibili in etichetta o in confezione e il relativo regime sanzionatorio applicabile.
In base al Codice del Consumo dunque, il fabbricante (o il suo mandatario) definito sul territorio comunitario, ha l’obbligo di indicare sul prodotto o (dove non possibile) sull’imballaggio o in un documento di accompagnamento:
• il numero di tipo, di lotto, di serie o qualsiasi altro elemento che consenta l’identificazione univoca del prodotto
• il proprio nome, la denominazione commerciale registrata o il marchio registrato e l’indirizzo dove poter essere contattato, che deve essere unico
Il distributore a sua volta è tenuto ad agire con la dovuta diligenza nello svolgimento della sua attività, ciò significa che prima di rendere disponibile sul mercato un determinato prodotto deve accertarsi che il fabbricante e l’importatore si siano conformati alle prescrizioni che li riguardano, verificando che per il prodotto siano presenti tutte le marcature di conformità, le documentazioni e le informazioni prescritte.
A tal proposito là dove si trovi in commercio un prodotto che non reca in maniera completa i dati del fabbricante, risultano passibili di sanzione tanto il produttore che si è reso responsabile dell’immissione sul mercato di un prodotto non conforme, che il distributore (e gli eventuali grossisti che lo hanno preceduto) che ha messo a disposizione del mercato un prodotto senza controllare che risultasse conforme.
Infine un importatore o un distributore che commercializza un prodotto con il proprio nome o marchio commerciale è soggetto agli obblighi del fabbricante.
Ceste regalo con prodotti alimentari. Quali indicazioni nell’etichetta esterna?
L’antico motto ‘a caval donato non si guarda in bocca’ ha dovuto cedere il passo al regolamento FIC (‘Food Information to Consumer‘, regolamento UE 1169/11).
Così che la deroga a suo tempo concessa a favore dei cosiddetti ‘imballi multipli’ dal legislatore italiano, secondo cui era possibile limitarsi a riportare ‘la denominazione dei singoli prodotti contenuti e il termine minimo di conservazione o la data di scadenza del prodotto avente la durabilità più breve’ – in caso di ‘imballaggi di qualsiasi specie, destinati al consumatore, contenenti prodotti preconfezionati’ – può ora applicarsi alla sola ipotesi in cui le etichette dei singoli cibi siano visibili dall’esterno.
Di conseguenza per i cesti regalo racchiusi dentro scatole ovvero avvolti in involucri non trasparenti, o comunque imballati con materiali come la paglia che ostacolino la visibilità, è necessario aggiungere un’etichetta con tutte le informazioni previste come obbligatorie sulle etichette degli alimenti preimballati che si trovano all’interno. Tale prescrizione vale anche nel caso di scatole di vini o bevande alcoliche, in quanto anch’esse soggette ai requisiti d’informazione previsti dal FIC.
L’unica semplificazione che può venire ammessa è l’adozione di un codice unitario di lotto – apposto dal confezionatore, a patto di riportare sull’etichetta esterna i propri riferimenti (nome o ragione sociale e sede) e di poter garantire la rintracciabilità interna – e l’indicazione del solo termine di durabilità (sia esso TMC o data di scadenza) più breve, tra quelli citati sulle confezioni dei prodotti. Fatto salvo comunque il dovere di precisare le condizioni di conservazione (es. ‘al riparo da fonti di luce e calore’, piuttosto che ‘in frigorifero, a temperatura 0-4 ‘C).
“Realizzato nell’ambito del Programma generale d’intervento della Regione Emilia Romagna con l’utilizzo dei fondi del Ministero dello Sviluppo Economico. Ripartizione 2015”