Newsletter_5 del 04.05.2017
4 Maggio 2017
in | Azione 5 | Progetto 2017
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Come riconoscere i giocattoli tossici o pericolosi?
Partiamo da un dato di fatto: è quasi impossibile riconoscere un giocattolo tossico ad occhio nudo. Andrebbero fatte delle prove in laboratorio o conosciuti i materiali con cui lo stesso è stato costruito. Il consumatore, pertanto, deve affidarsi ai test che vengono eseguiti prima della messa in commercio, test che – dopo l’esecuzione – sono contraddistinti con appositi loghi. La presenza del logo sulla confezione del giocattolo garantire il fatto di avere tra le mani un prodotto non nocivo per la salute.
Il primo indice che ci consente di riconoscere un giocattolo tossico da uno sicuro è, come dicevamo in apertura, la presenza del logo CE. Questo elemento grafico, che deve essere di colore nero, facilmente visibile, deve essere obbligatoriamente presente sulla confezione esterna del giocattolo. Non possono essere messi in commercio giocattoli senza il logo CE.
Il secondo metodo per distinguere un giocattolo tossico da uno non pericoloso è la presenza del marchio Giocattoli Sicuri. Si tratta di una certificazione non obbligatoria (come invece quella CE) rilasciata dall’Istituto Italiano Sicurezza Giocattoli che impone l’esecuzione di ulteriori test consentendo un maggior margine di sicurezza sul prodotto acquistato (prove elettriche, prove d’infiammabilità, prove fisiche e meccaniche, analisi chimiche ecc.).
Un ulteriore indice di qualità del giocattolo che ci consente di capire se siamo in presenza di un giocattolo non tossico è la presenza, sulla confezione, del nome, ragione sociale, marchio e indirizzo della ditta produttrice o del responsabile dell’immissione sul mercato della Comunità Europea (ossia l’importatore) se il costruttore è una ditta esterna all’Europa. Un produttore che vuol rimanere anonimo non è certo una garanzia di qualità.
E’ bene poi controllare sempre le indicazioni relative all’età cui il giocattolo è indirizzato. La presenza del logo Ce e Giocattoli Sicuri non garantisce che il giocattolo sia adatto a tutti i bambini. Un caso tipico è quello dell’ovetto Kinder, il cui commercio è stato proibito negli USA proprio perché non adatto ai bambini con meno di 3 anni (contiene parti molto piccole che possono essere ingerite).
Obblighi di etichettatura e di origine per alcuni fertilizzanti contenenti microelementi. 12 i mesi per smaltire le scorte con le vecchie etichette.
Cum grano salis, dicevano i latini per sottolineare il buon senso delle proprie azioni o affermazioni. Talvolta il “grano salis”, il grano di sale, finisce sotto la lente delle normative e iniziano i guai.
Dal ministero delle Politiche agricole e forestali è stato emanato il DM 17/01/2017, il quale aggiorna gli allegati 6 e 13 del decreto legislativo n. 75 del 29 aprile 2010 recante: “Riordino e revisione della disciplina in materia di fertilizzanti, a norma dell’articolo 13 della legge 7 luglio 2009, n. 88”.
In parole povere, stando all’attuale interpretazione ministeriale, cambiano alcune regole sull’etichettatura e sull’origine dei microelementi destinati a comporre fertilizzanti autorizzati in agricoltura biologica.
Secondo il decreto, infatti, “nel rispetto dei principi generali e tecnici dettati dalla regolamentazione europea per le produzioni biologiche” non sarebbe più ammesso l’uso in agricoltura bio di concimi contenenti microelementi di cui al reg. (CE) 2003/2003, in caso questi ultimi siano prodotti a partire da sali che contengano anche macroelementi come azoto e fosforo. Diviene quindi obbligatoria l’indicazione in etichetta anche del sale da cui deriva il microelemento dichiarato quale componente del fertilizzante bio.
Oltre però alle modifiche quanto a etichettatura di tutti i prodotti contenenti microelementi destinati al biologico, sarà anche necessario smaltire le scorte di quei prodotti già esistenti che contengano miscele di microelementi, compresi i sali semplici, a base di nitrato, fosfato o un mix di entrambi. Per far ciò sono stati concessi 12 mesi di tempo, dopodiché le eventuali giacenze non sarebbero più commercializzabili.
Si attende ora che intervenga il nuovo tavolo tecnico di lavoro in materia di fertilizzanti, che al momento non sarebbe ancora stato interpellato circa tali modifiche, come pure si attendono i chiarimenti delle associazioni di categoria in merito a tali interpretazioni operate dal ministero.
“Realizzato nell’ambito del Programma generale d’intervento della Regione Emilia Romagna con l’utilizzo dei fondi del Ministero dello Sviluppo Economico. Ripartizione 2015”