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Newsletter_6 del 22.05.2017

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Millenials: uno studio dell’università di Siena rivela che sono più attenti ai prezzi che alla qualità degli alimenti che consumano

Sono attenti ai prezzi più che alla qualità degli alimenti che consumano, si informano principalmente da famiglia e medici, non si fidano dei social media sui temi dell’alimentazione e della salute e ritengono che l’industria alimentare non lavori sempre nell’interesse dei consumatori: questi sono alcuni degli atteggiamenti dei Millennials secondo l’indagine condotta dal Laboratorio Analisi Politiche e Sociali dell’Università di Siena sui giovani, gli stili alimentari e la salute appena pubblicata. “La ricerca” spiega l’Ateneo senese “è stata realizzata in occasione del Millennials Lab, laboratorio internazionale che inizia oggi, 19 maggio, al Santa Chiara Lab dell’Università di Siena, e si basa sui dati raccolti nelle interviste a 1052 ragazzi di età compresa tra i 16 e i 35 anni, volte a comprendere gli stili di comportamento alimentare dei giovani italiani”. Cosa orienta i Millennials nell’avvicinarsi al cibo? Quali i criteri nelle scelte e nei consumi? Non ci sono dubbi, è il prezzo il fattore che incide di più nella scelta dei cibi, con il 91% degli intervistati che lo indica come molto o abbastanza importante, seguito dalle proprietà nutrizionali e dalla stagionalità del prodotto (85% e 84% del campione), dalla provenienza italiana (83%) e dall’affidabilità del brand (81%). Consistente la quota di giovani, circa il 40% del totale, che è disponibile in linea di principio a consumare in modo ecologicamente sostenibile, anche se tra i vari stili di consumo alimentare la categoria che primeggia con il 31% è quella che degli “agnostici alimentari”, rappresentata da coloro che fanno un uso misurato sia degli alimenti qualitativamente superiori (biologico, mercato equo e solidale, marchio DOP IGP, DOCG) che del cosiddetto junk-food. Solo il 23% dei giovani italiani dichiara di aver fiducia nelle informazioni veicolate sui social media sui temi di alimentazione e salute, in minor misura anche rispetto a televisione (32%), radio (38%) e quotidiani (41%). Al primo posto tra le fonti affidabili vi sono invece la famiglia e i medici di base, che raccolgono rispettivamente l’88% e l’83% di consenso degli intervistati. “L’analisi indaga” aggiunge l’università di Siena “anche quanto i giovani siano permeabili ad una visione del mondo cospiratoria su alimentazione e problematiche connesse alla salute, con particolare riferimento ad un tema molto attuale, quello dei vaccini. Una netta maggioranza di intervistati è d’accordo con l’esistenza di complotti di vario genere orchestrati dall’industria alimentare, farmaceutica e le grandi catene di fast-food con la complicità della politica. La maggioranza, oltre l’80%, ritiene però che i benefici del vaccino contro morbillo, parotite e rosolia superino i rischi e più del 70% che i bambini sani dovrebbero essere obbligatoriamente vaccinati per frequentare la scuola. Scarsa l’informazione riguardo la Politica Agricola Comune dell’Unione Europea, sconosciuta a più di metà del campione con ovvie correlazioni con il livello di istruzione degli intervistati”.
«Dalla nostra indagine– spiega Pierangelo Isernia, direttore del dipartimento di Scienze sociali, politiche e cognitive dell’Università di Siena e coordinatore della ricerca – emerge un quadro diversificato degli stili alimentari dei giovani italiani. La maggioranza di loro è potenzialmente attenta e consapevole delle proprie scelte alimentari, ma anche per la difficile situazione economica del paese le considerazioni di convenienza e di prezzo sono preminenti. I giovani sono scettici verso la grande industria e la maggioranza teme che essa manipoli la qualità dei prodotti per interessi economici». A proposito della tematiche relative alla salute spiega Isernia: «Sono stati esaminate per la loro attualità anche alcuni aspetti relativi ai vaccini, da cui emerge che la grande maggioranza dei giovani italiani ritiene che i benefici siano superiori ai rischi e approva l’obbligo vaccinale. Dato interessante, che merita riflessione, è che dall’altro lato, coloro che ritengono i vaccini dannosi, nonostante la qualità scientifica delle informazioni loro fornite sui benefici dei vaccini, non modificano le loro opinioni».

Ogni cittadino europeo spreca in media 173 Kg di cibo

Ogni anno in Europa si sprecano 88 milioni di tonnellate di cibo, per un totale di ben 173 chilogrammi a persona. I più spreconi sono gli olandesi (541 kg/persona), mentre i più virtuosi sono gli sloveni (72 kg/persona). L’Italia con i suoi 179 kg pro capite è, invece, poco al di sopra della media europea. Queste stime sono state diffuse nei giorni scorsi dal Parlamento europeo, che il 16 maggio si è impegnato a adottare una serie di misure per ridurre lo spreco alimentare del 30% entro il 2025 e del 50% entro il 2030.
Tali livelli di spreco sono inaccettabili, se consideriamo che secondo Eurostat ben 55 milioni di cittadini europei – poco meno del 10% della popolazione – nel 2014 non si potevano permettere un pasto di qualità nemmeno ogni due giorni. Inoltre, sprecando tutto questo cibo, si sperperano anche tutte le risorse utilizzate per produrlo, come acqua, suolo ed energia.
Come se ciò non bastasse, ai gas serra immessi in atmosfera durante il processo produttivo di tutto questo cibo sprecato bisogna sommare quelli generati durante lo smaltimento dei rifiuti alimentari. Secondo la Fao, per ogni chilogrammo di cibo vengono prodotti 4,5 kg di anidride carbonica e i rifiuti alimentari rappresentano l’8% di tutte le emissioni di gas serra prodotte dalle attività umane.
Lo spreco alimentare si verifica lungo tutta la filiera produttiva, aumentando di portata mano a mano che dai campi il cibo arriva sulle nostre tavole. Difatti, è proprio nelle nostre cucine che si spreca di più: le famiglie generano ben il 53% dei rifiuti alimentari. Alla radice di questo sperpero si trova la cattiva informazione sulla conservazione degli alimenti, ad esempio l’errata interpretazione delle diciture con cui si comunicano le date di scadenza. “Da consumarsi preferibilmente entro…” è diverso da “da consumarsi entro…”: migliorando le etichette, si eliminerebbe una fonte di confusione per i consumatori e di conseguenza si ridurrebbe lo spreco.
Un altro strumento da privilegiare, secondo il Parlamento Ue, è quello delle donazioni di cibo. In questo modo viene contemporaneamente ridotto lo spreco alimentare e aiutata la popolazione in difficoltà. Ma per autorizzare esplicitamente le donazioni di cibo e renderle un mezzo diffuso di lotta allo sperpero di cibo, serve ancora un intervento della Commissione europea.

“Realizzato nell’ambito del Programma generale d’intervento della Regione Emilia Romagna con l’utilizzo dei fondi del Ministero dello Sviluppo Economico. Ripartizione 2015”

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