Pubblica amministrazione: Italia ultima in Europa come qualità percepita
Molto probabilmente questo articolo troverà concordi tantissimi cittadini, visti i continui problemi e ritardi che gli italiani si trovano ad affrontare quando si devono interfacciare, per un motivo o per l’altro, con l’amministrazione pubblica.
Secondo infatti l’annuale rapporto della C.g.i.a. (l’Associazione Artigiani e Commercianti e Piccole Imprese), riferito a un’indagine della commissione Ue sui servizi pubblici dei 27 Paesi membri, l’Italia è infatti ultima nell’intera Unione come qualità percepita per i propri servizi pubblici. I dati sono impietosi: dall’ultima rilevazione, tenutasi nei mesi di febbraio-marzo 2021, solo il 22% degli italiani considera “abbastanza buona e molto buona” (quindi una somma dei due valori) l’offerta dei servizi pubblici erogata dalla nostra Pa. La media europea si è attestata al 46 per cento: mentre in Spagna si è fermata al 38, in Francia al 50 e in Germania al 55 per cento. È oggettivamente vero che il Covid ha causato un calo nel “gradimento” degli italiani verso i servizi della pubblica amministrazione: forti ritardi sull’erogazione dei i ristori alle aziende o la cassa integrazione ai lavoratori dipendenti, i blocchi e poi le ripartenze, avvenute prevalentemente in modalità a distanza, che hanno ulteriormente rallentato l’attività giudiziaria, il piano vaccinale che è iniziato tra mille difficoltà e la dilatazione dei tempi di risposta che ha contraddistinto la performance di moltissimi enti locali, solo per citare i principali cause nell’ultimo anno. Tutto questo ha certamente influito sul giudizio dei cittadini.
Sarebbe però infinitamente generoso dare tutte le colpe alla pandemia per un sistema, quello della pubblica amministrazione, che zoppica vistosamente da decenni. Procedure complesse perse in una marea di norme, con leggi e decreti scritti male ed eseguiti peggio, il tutto ovviamente, esente da una qualsiasi tipo di controllo degno di questo nome. Senza contare che, alla fine, di tutte le leggi, leggine, decreti, nessuno poi si sieda a un tavolo per monitorare tutti gli effetti avuti sul tessuto sociale ed economico. Infatti, nonostante l’intervento legislativo introdotto dal governo Conte, non sta venendo meno il ricorso alla “burocrazia difensiva” da parte di molti funzionari pubblici, perché la misura legislativa non incide sulle denunce, che una volta presentate, impongono di condurre le indagini. Tale situazione continua a provocare la cosiddetta “fuga dalla firma”, rallentando enormemente lo smaltimento delle pratiche nell’edilizia, nell’urbanistica e nel settore degli appalti.
Per invertire questa tendenza il primo intervento da realizzare dovrebbe riguardare proprio un miglioramento dell’efficienza della Pa, la qualità dei servizi offerti e il pieno rispetto delle regole. In merito a quest’ultimo elemento, infatti, i dati ci mostrano come nel 2014 il 55% dei reati contro la macchina pubblica risultava commesso nel Mezzogiorno, con una incidenza rispetto alla popolazione residente fino a 3 volte più elevata che nel resto del Paese. Si possono certamente migliorare molti aspetti della pubblica amministrazione che sono pesantemente deficitari, e questo da ben prima del covid