Sanità Pubblica tra fiducia dei cittadini e disservizi
La Sanità Pubblica resta ancora la prima scelta dei cittadini i quali mostrano un elevato livello di fiducia verso il sistema sanitario ma devono fare i conti con lunghe liste di attesa, costi elevati dei ticket per la diagnostica, la specialistica e i farmaci e con un’assistenza territoriale carente, soprattutto sul fronte dell’assistenza domiciliare, dei servizi di riabilitazione, dell’accesso alle strutture di lungodegenza. È quanto emerge dalle segnalazioni dei cittadini al Pit Salute di Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato, raccolte nel Rapporto dal titolo “Sanità pubblica: prima scelta, ma a caro prezzo”, presentato a Roma e realizzato col sostegno non condizionato di IPASVI (Federazione nazionale Collegi infermieri), FNMOCeO (Federazione degli Ordini dei medici dei Medici Chirurghi e Odontoiatri) e FOFI (Federazione Ordini farmacisti Italiani).
Sono in aumento le segnalazioni dei cittadini soprattutto per le lunghe attese per la visita specialistica (dal 34,3% del 2015 al 40,3% del 2016). Ma sono lunghi i tempi anche per gli interventi chirurgici e per gli esami diagnostici. Pesa, poi, sulle tasche dei cittadini la spesa per i ticket: il 37,4% denuncia i costi elevati e gli aumenti relativi ai ticket per la diagnostica e la specialistica. E cresce il disagio per la mancata esenzione dal ticket (31% rispetto al 24,5% del 2015). Inoltre, i cittadini lamentano costi insostenibili per farmaci, intramoenia, Residenze sanitarie assistenziali (Rsa), protesi e ausili. Sul fronte dei farmaci, in particolare, aumentano le segnalazioni su quelli inseriti in fascia A.
Quasi un cittadino su tre segnala problemi con l’assistenza primaria di base, soprattutto per il rifiuto di prescrizioni da parte del medico (anche per effetto del decreto appropriatezza) e per gli orari inadeguati dell’ambulatorio. Il 16,6% ha difficoltà all’interno delle strutture residenziali come Rsa e lungodegenze, a causa dei costi eccessivi della degenza (per quasi due su cinque), della scarsa assistenza medico-infermieristica (lo segnala un cittadino su tre) e delle lunghe liste di attesa per l’accesso alle strutture (lo denuncia uno su cinque). Il 15% dei cittadini ha problemi con la riabilitazione, in particolare in regime di degenza: in due casi su cinque il servizio viene ritenuto di scarsa qualità e in quasi un caso su quattro è del tutto assente per la carenza di strutture o posti letto. Quasi un cittadino su tre, poi, incontra problemi con la riabilitazione a domicilio, che non si riesce ad attivare o che viene sospesa all’improvviso. Inoltre, il 14,3% dei cittadini segnala al Pit Salute criticità nell’assistenza domiciliare: in un caso su tre non sanno bene come attivare il servizio a causa della carenza di informazioni o delle difficoltà burocratiche, o perché l’assistenza domiciliare è del tutto assente nella loro zona di residenza. Crescono anche i problemi per l’assistenza protesica e integrativa, sia per i tempi di attesa che per l’insufficienza delle forniture che costringono i cittadini a sostenere ulteriori costi privati.
Sono in aumento le segnalazioni sul riconoscimento dell’invalidità e dell’handicap: in più della metà dei casi la procedura risulta estremamente lenta. In un caso su quattro l’esito dell’accertamento è considerato inadeguato alle condizioni di salute. Il 15,8% dei cittadini ritiene troppo lunghi i tempi di erogazione dei benefici economici e delle agevolazioni. Più della metà riscontra problemi nella presentazione della domanda per il riconoscimento dell’invalidità; il 18,5% denuncia lunghe attese per la convocazione a prima visita (in media 7 mesi); il 14,8% attende troppo per la visita di aggravamento, il 10,4% per la ricezione del verbale definitivo (in media 9 mesi) e per l’erogazione dei benefici economici (12 mesi).
L’8,2% dei cittadini segnala problemi nell’assistenza ospedaliera, soprattutto nell’area dell’emergenza urgenza – per procedure di triage non trasparenti e lunghe attese al Pronto soccorso – e sul fronte dei ricoveri (in particolare in oncologia, ortopedia e neurologia) con più di un cittadino su tre che denuncia il rifiuto del ricovero, mentre uno su cinque afferma che il ricovero è avvenuto in un reparto inadeguato. In aumento, rispetto al 2015, le segnalazioni sulle dimissioni: il 58,8% le reputa improprie, il 29,2% ha difficoltà ad essere preso in carico dal territorio dopo la dimissione, anche nella fase finale della vita. Sul fronte della mobilità sanitaria, ovvero quando il paziente è costretta a spostarsi per avere cure adeguate (da una regione all’altra oppure all’estero), il 48,7% denuncia il ritardo nei rimborsi per le spese sostenute, il 30,8% la mancata autorizzazione da parte della Asl di riferimento.