Sicurezza alimentare vuol dire anche controllo e informazione
Ci sono due numeri che raccontano come una delle possibili risposte contro le fake del cibo siano i controlli. Nel primo quadrimestre 2017 sono stati sequestrati dall’Ispettorato centrale della tutela qualità e repressione frodi (Icqrf) del ministero delle politiche agricole, prodotti alimentari per un valore di 59,3 milioni. Nello stesso periodo del 2016 i prodotti sottratti all’agro-pirateria avevano un valore di 3,29 milioni. «Abbiamo strumenti di contrasto importanti e un’attività continua di tutte le forze competenti, ma il fenomeno contraffazione e falso non accenna a diminuire. Servono norme più stringenti per scoraggiare i reati», spiega Susanna Cenni, capogruppo Pd in commissione indagine sul fenomeno della contraffazione.
Del resto, almeno secondo i risultati dell’indagine Ixè/Coldiretti, quasi 1 italiano su 3 ritiene che i casi di frode e contraffazione alimentare dovrebbero essere puniti con l’arresto. «La riforma – spiega il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, – dovrà essere esaminata in consiglio dei Ministri perché rappresenta un tassello importante della strategia per la legalità nelle filiere agroalimentari».
Pene più severe dovrebbero permettere di rafforzare anche il sistema dei controlli dove siamo leader. Non a caso il nostro sistema viene considerato un modello dagli altri Paesi.
Le strategie di contrasto ai reati agroalimentari si sono innovate concentrandosi su tutta la filiera di alcuni settori, in modo da evitare di porre l’attenzione solo a valle o a monte e così intercettare in qualsiasi passaggio quei momenti che possono essere utilizzati da personaggi non corretti a danno delle regole di mercato e della salute del cittadino.
Senza dimenticare che l’innovazione tecnologica e i nuovi sistemi di produzione e distribuzione globali rendono ancora più pericolose le frodi agroalimentari.
Da questo punto di vista l’Italia è l’unico paese al mondo ad aver chiuso accordi e collaborazioni con le grandi piattaforme di commercio elettronico, come eBay, Amazon e Alibaba, per rimuovere dagli scaffali virtuali i falsi prodotti agroalimentari Made in Italy: dal finto olio Dop al Parmesan. Ma non c’è solo la repressione. L’altra strada da seguire è quella della massima informazione ai consumatori: come già avvenuto per l’origine del latte in etichetta e in fase di lavorazione sulle filiere del riso e grano pasta. Informare i cittadini è una chiave centrale per contrastare il falso cibo.
L’analisi dei dati Ocse ed Euipo, l’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale, evidenzia che l’Italia si colloca al 2° posto nel mondo per contraffazione subita – il dato indica il paese di origine dell’impresa titolare del diritto di proprietà intellettuale violato – con la quota di sequestri del 14,6%, dietro solo agli Stati Uniti (19,5%).
Focalizzando l’analisi sui sequestri effettuati dalle nostre autorità sul territorio italiano il 65,8% dei sequestri di beni contraffatti tra il 2008 e il 2015 appartiene al comparto della moda. Nel comparto moda si stimano, considerando gli effetti diretti e indiretti, 9.888 milioni di euro di minori vendite per le imprese italiane da contraffazione pari a 88.467 posti di lavoro. Nei settori esposti alla contraffazione si determina una forte concorrenza sleale su un mercato in cui operano 63.025 imprese artigiane, pari al 19,8% dell’artigianato manifatturiero italiano.
Nell’alimentare, comparto in cui l’Italia è prima in Ue con i 288 prodotti agroalimentari di qualità DOP, IGP e STG e in cui un’impresa su 5 è artigiana (20,0%), le minacce della contraffazione sono rilevanti. Per l’Italia il valore dei prodotti contraffatti è di 682,4 milioni di euro, l’8,8% del mercato nazionale di questi prodotti.
Il giro d’affari annuo dell’Italian Sounding – l’utilizzo di denominazioni geografiche, immagini e marchi che evocano l’Italia per promozionare e commercializzare prodotti affatto riconducibili al nostro Paese – è pari a circa 54 miliardi di euro l’anno oltre il doppio del valore delle esportazioni italiane di prodotti agroalimentari (23 miliardi di euro): almeno due prodotti su tre commercializzati all’estero si riconducono solo apparentemente al nostro Paese.
“Realizzato nell’ambito del Programma generale d’intervento della Regione Emilia Romagna con l’utilizzo dei fondi del Ministero dello Sviluppo Economico. Ripartizione 2015”