Spreco alimentare: quanto costa? La legge N. 166/2016
In base ai dati forniti da agenzie umanitarie inglesi promotrici di campagne per ridurre lo spreco alimentare con il pane sprecato ogni mese dagli inglesi si potrebbe addirittura riempire la cattedrale di Saint Paul. La Ue, intanto, dichiara la guerra a tale spreco che, ammonterebbe secondo la Fao, a 2,6 miliardi di euro. L’Italia, però, non resta a guardare ed ha presentato la normativa nazionale in materia.
Il Regno Unito, infatti, ogni anno, spreca dieci milioni di tonnellate di cibo ed il 60% di tale spreco potrebbe essere evitato anche perché, nell’anno, circa 1,3 miliardi di tonnellate non arriva nemmeno a tavola in quanto si perde e diventa immangiabile. Secondo i dati del WWF tale quantità di cibo potrebbe sfamare le tantissime persone che nel mondo sono denutrite. Solo in Europa, poi, evitando gli sprechi, si sfamerebbero circa duecento milioni di persone.
Come noto e come più volte ribadito dagli studiosi, lo spreco di cibo ha un effetto negativo anche sull’ambiente in quanto il gas metano, che viene prodotto dal cibo e che finisce in discarica, è di ventuno volte più dannoso dell’anidride carbonica ed inoltre produce gas serra.
Secondo gli studi forniti dalla Fao, un miliardo di tonnellate di cibo vengono sprecate ogni anno. I costi sia degli sprechi che delle perdite alimentari ammonterebbero a circa 2,6 miliardi di euro. Oltre alla gravissima perdita economica, il problema degli sprechi riguarda anche gli enormi costi ambientali tra cui le emissioni di anidride carbonica e lo sfruttamento delle risorse sua agricole che idriche. Ogni anno l’Unione europea spreca 90 milioni di cibo pari a 140 miliardi di euro che è uguale all’intero bilancio dell’Unione Europa. Proprio per questo la Ue ha inserito entro il 2030 tutta una serie di obiettivi per dimezzare gli sprechi e le perdite alimentari.
In merito a tali sprechi, poi, sia la Francia che l’Italia hanno emanato delle leggi. La prima ha istituto l’obbligo di donare il cibo in esubero agli enti caritatevoli per i supermercati di almeno quattrocento metri quadri con pene pecuniarie fino ai 3.750 euro per chi non rispetta tale regola. Con la legge Gadda, invece, in Italia, vi sono degli incentivi per chi dona il cibo agli enti caritatevoli come la riduzione della Tari. Intanto nella riunione della piattaforma Ue contro gli sprechi alimentari, l’Italia ha presentato la normativa nazionale in materia ovvero la legge 166/2016, approvata lo scorso anno, per evitare gli sprechi alimentari favorendo la donazione delle eccedenze alimentari.
In particolare la legge mira a favorire, a fini di solidarietà sociale, il recupero e la donazione di beni alimentari, farmaceutici ed altri prodotti in favore di soggetti che operano senza scopo di lucro.
La nuova normativa prevede una semplificazione burocratica per la donazione, fermo quanto già previsto nella legge di stabilità 2016 che ha innalzato da 5.000 a 15.000 Euro il limite di costo per l’esonero della comunicazione preventiva delle cessioni gratuite.
La legge definisce come “spreco alimentare” l’insieme dei prodotti scartati dalla catena agroalimentare ancora consumabili, pertanto destinabili al consumo e che sarebbero destinati a essere smaltiti come rifiuti e per “eccedenze alimentari” i prodotti alimentari che, fermo restando il mantenimento dei requisiti di igiene e sicurezza, rimangono invenduti per varie cause (motivi commerciali/estetici, prodotti aventi scadenza ravvicinata, etc).
Al fine di ridurre lo spreco alimentare, la legge distingue il termine minimo di conservazione – inteso come la data fino alla quale un prodotto conserva le sue proprietà specifiche – dalla data di scadenza – oltre la quale gli alimenti sono considerati a rischio.
Fatta questa distinzione la cessione gratuita di eccedenze alimentari viene consentita anche oltre il temine minimo di conservazione, purché siano garantite l’integrità dell’imballaggio ed idonee condizioni di conservazione.
Deve essere infatti assicurato – sia da coloro che donano il prodotto, sia dalle organizzazioni che lo distribuiscono, per quanto di rispettiva competenza – un corretto stato di conservazione, trasporto, deposito ed utilizzo.
Le cessioni gratuite di eccedenze alimentari da parte degli operatori del settore alimentare devono essere destinate in via prioritaria al consumo degli indigenti, mentre le eccedenze non più idonee al consumo possono essere cedute per il sostegno vitale di animali e per altre destinazioni, come il compostaggio. La cessione riguarda anche la panificazione, i cui prodotti finiti possono essere donati a soggetti che poi li distribuiscono agli indigenti entro le ventiquattro ore successive alla produzione.
Sono infine previsti benefici fiscali per chi cede a titolo gratuito prodotti alimentari ad indigenti. Infatti per incentivare chi dona agli indigenti i Comuni possono applicare una riduzione della TARI proporzionata alla quantità, debitamente certificata, dei beni e dei prodotti ritirati dalla vendita ed oggetto della donazione.
Il Legislatore italiano ha dunque disciplinato la materia della lotta allo spreco alimentare in funzione solidaristica attraverso incentivi e semplificazione burocratica, privando la normativa in commento di qualsiasi apparato sanzionatorio.
La medesima finalità solidaristica è stata anche perseguita da altri ordinamenti che, invece, hanno introdotto specifici obblighi e sanzioni contro i soggetti che non cedono gratuitamente le eccedenze alimentari agli indigenti; si ricorda ad esempio la normativa recentemente introdotta in Francia la quale prevede – oltre a specifici obblighi di cedere gratuitamente le eccedenze alimentari – gravi sanzioni, quali la reclusione fino ad anni due e multe fino a 75.000 Euro a seconda della superficie di vendita.