Tabagismo: servono campagne e interventi più incisivi
Sicuramente l’aumento della tassazione sarebbe un provvedimento immediato e molto efficace. Ma da solo, è una misura che non basta. Secondo il responsabile dell’Osservatorio fumo, alcol e droga dell’istituto superiore di sanità, Roberta Pacifici, il modello da seguire potrebbe essere quello dell’Australia, che ha il più basso numero di fumatori al mondo.
L’Australia ha raggiunto questa crescita con tante campagne e interventi legislativi coraggiosi. Infatti ha pratica-mente dichiarato guerra al fumo assumendo una tra le decisioni più severe al mondo mai presa contro le case produttrici di tabacco: ha espresso il divieto di stampare sui pacchetti di sigarette i luoghi delle aziende di produzione e al loro posto vengono stampate le immagini dei danni che il fumo provoca alla salute. Siamo di fronte ad una decisione illuminata che è stata accolta con un’ovazione dall’Organizzazione mondiale della sanità ma che ha provocato una levata di scudi da parte delle multinazionali del tabacco. La decisione della Corte Suprema, secondo le aziende produttrici di sigarette, provoca un danno insopportabile proprio perché eliminando il marchio riduce la riconoscibilità dei prodotti. Ma il governo australiano non ha innestato nessuna marcia indietro e, anzi, ha esortato gli altri Stati a seguire il suo esempio, dimostrando che i colossi del tabacco possono essere combattuti, soprattutto quando l’obiettivo principale è la salute dei cittadini-consumatori.
E’ ovvio che l’aver cancellato dal pacchetto di sigarette il nome del produttore e aver piazzato foto dei danni delle sigarette sui fumatori è un messaggio molto forte. Ma i divieti, da soli, non funzionano. Servono strategie diverse, tutte insieme.
Non c’è dubbio che nei paesi in via di sviluppo, essendoci una minore attenzione verso la salute, le multinazionali del tabacco approfittano dell’assenza di divieti e stanno investendo in campagne pubblicitarie che incentivano i consumi.
Nei Paesi occidentali invece, si stanno approfondendo sempre di più gli studi di prodotti alternativi con impatto minore sulla salute. Non è un caso che negli Stati Uniti, e anche in Europa, dove le battaglie antifumo sono incisive e coordinate, c’è una corsa ad arrivare sul mercato con pro-dotti di nuova generazione, presentati in veste salutisti-ca. Ma non tutte queste soluzioni sono realmente e a tutti gli effetti salutistiche; sicuramente hanno la potenzialità di incidere nella riduzione del danno ma la salvaguardia della salute pubblica è un’altra cosa e bisogna avere elementi certi per poter dire che que-sti dispositivi possono esse-re usati con serenità. E quindi bisognerebbe avvia-re degli studi indipendenti, corretti e scientificamente inoppugnabili; questo allo scopo di non creare un nuovo fenomeno di dipendenza.